Ultimo giorno nella capitale cambogiana. Questo pomeriggio parto per Vientiane, dove mi vedrò con Filippo e Sara.
Che dire di questi giorni a Phnom Penh... beh, l'impatto è stato abbastanza forte. Ormai ho preso l'abitudine di esplorare le città girando un po' a caso, evitando espressamente i posti di interesse turistico, per vedere davvero come vive la gente. Così la prima passeggiata è stata un po' uno choc. Non mi aspettavo di trovare una situazione di degrado così grave. Il fatto è che Siem Reap lascia un’impressione falsata della Cambogia. Pur essendo una città molto povera resta comunque il principale centro turistico del paese e la differenza rispetto a Phnom Penh è netta.
La cartina di tornasole sono i bambini. La maggioranza di loro, a Siem Reap, gioca tutto il giorno ai margini della foresta, si arrampica sugli alberi o fa il bagno nel fossato che circonda l’Angkor Wat. Certo, alcuni vendono souvenir e guide turistiche, alcuni magari si fanno pagare dopo che gli hai scattato una foto. Ma a Phnom Penh i bambini che chiedono l’elemosina sono la regola. Così i mutilati. Insomma, il primo giorno specialmente, ho provato un grande senso di malessere. E anche di rabbia verso me stessa, per non sentirmi adeguata, in grado di tollerare scenari così desolanti. Le strade piene di spazzatura e di mendicanti che chiedono l’elemosina agli stessi cambogiani; nei mercati banchi di carne letteralmente assaliti dalle mosche; in troppi angoli della città un odore a dir poco bestiale… So già che, trattandosi di un sentimento intenso, in futuro la mia memoria troverà il modo di restituirmelo come un ricordo positivo. Andrà a mescolarlo con altre cose, il Wat Phnom, il Palazzo reale, il lungo fiume, i molti edifici coloniali che restituiscono un’immagine comunque pregevole della città.
Pro e contro dell’essere da sola: la possibilità di potermi guardare davvero intorno, di non perdere nemmeno il minimo dettaglio, di fermarmi a pensare a tutto quello che mi si presenta di fronte qui è controbilanciata da un sentimento di profonda tristezza.
La cartina di tornasole sono i bambini. La maggioranza di loro, a Siem Reap, gioca tutto il giorno ai margini della foresta, si arrampica sugli alberi o fa il bagno nel fossato che circonda l’Angkor Wat. Certo, alcuni vendono souvenir e guide turistiche, alcuni magari si fanno pagare dopo che gli hai scattato una foto. Ma a Phnom Penh i bambini che chiedono l’elemosina sono la regola. Così i mutilati. Insomma, il primo giorno specialmente, ho provato un grande senso di malessere. E anche di rabbia verso me stessa, per non sentirmi adeguata, in grado di tollerare scenari così desolanti. Le strade piene di spazzatura e di mendicanti che chiedono l’elemosina agli stessi cambogiani; nei mercati banchi di carne letteralmente assaliti dalle mosche; in troppi angoli della città un odore a dir poco bestiale… So già che, trattandosi di un sentimento intenso, in futuro la mia memoria troverà il modo di restituirmelo come un ricordo positivo. Andrà a mescolarlo con altre cose, il Wat Phnom, il Palazzo reale, il lungo fiume, i molti edifici coloniali che restituiscono un’immagine comunque pregevole della città.
Pro e contro dell’essere da sola: la possibilità di potermi guardare davvero intorno, di non perdere nemmeno il minimo dettaglio, di fermarmi a pensare a tutto quello che mi si presenta di fronte qui è controbilanciata da un sentimento di profonda tristezza.
3 commenti:
"So già che, trattandosi di un sentimento intenso, in futuro la mia memoria troverà il modo di restituirmelo come un ricordo positivo."
Quanta saggezza!
Cmq la solitudine rende tutto più intenso e profondo.
Ciccina,ricordo quando alle miniere di Potosi in Bolivia mi sono trovata di fronte a un bambino completamente coperto di polvere, viveva con la sua famiglia alle falde della miniera, in mezzo al nulla. Il loro lavoro era sorvegliare la miniera e il bambino vendeva pezzetti di minerali ai turisti...
Ti invidio molto per il tuo viaggio...
ci sentiamo presto un bacio
Mi avete tirato su il morale...
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