28 giugno, 2008

L'ultimo post

Ci siamo. Inizialmente pensavo di concludere questi quasi due anni di blog una volta arrivata a Casale. Oggi però ci ho riflettuto un po' su e ho capito che era meglio salutarsi prima della mia partenza dall'Asia. Da domani si volta pagina. Questo mi sembra il momento ideale perchè sento dal profondo la necessità di fare dei saluti. In Italia magari sarò troppo proiettata sul futuro o, semplicemente, sarò troppo assorbita a barcamenarmi nel presente. Adesso invece sono ancora qui.

Non c'è molto da aggiungere. Non so come si "chiuda" un blog. E, in realtà, l'unica cosa che mi interessa è ringraziare tutte le persone che, in modo più o meno significativo, hanno riempito la mia vita in questi due anni fantastici. Tolgo la possibilità di commentare questo post, solo perchè voglio essere io ad avere l'ultima parola.

Volevo quindi dire grazie in maniera particolare alle mie stupende coinquiline Annika e Alice, che sono state il punto di riferimento più straordinario che potessi trovare; a loro si aggiungono ovviamente Alessio, Biba, Chiara, Fabio, Filippo, Lulli, Giovanni, Matteo, Monica, Silvia, Simone e Stefano; non può chiaramente mancare Mao. Vorrei ringraziare anche Maoming lu 169 perchè è stata la location perfetta di quest'ultimo anno. Xiexie anche a Shanghai e alle sue incasinatissime strade per aver saputo accogliere in maniera così eccelsa le mie passeggiate solitarie, sempre in preda a mille pensieri e mille pare...

Infine grazie anche a tutte le persone che hanno seguito il blog per tutto questo tempo, agli amici blogger e alla Cricca.

E' stato davvero bello.

Là Signora di Shanghai

27 giugno, 2008

Mme Chowkin e la pace dei sensi

la stiva della nave
Ieri sono arrivata a Bangkok. Cocò è partito da un paio d'ore e questa penultima serata asiatica la trascorrerò in hotel a scrivere, un po’ sul blog un po’ sulla moleskine. La città, in ogni caso, mi piace da morire. In un certo senso la sento abbastanza vicina a Shanghai e Hong Kong, sembra quasi un mix tra le due: traffico ingestibile, stradoni con sopraelevate e passaggi pedonali, una vegetazione che (quando c’è) è davvero rigogliosa, gli immancabili nonsense architettonici e urbanistici tipicamente asiatici e, infine, il solito caos talmente caotico che sembra quasi ordinato. Dopo i due giorni di navigazione passati sul Mekong nella pace più assoluta temevo l’impatto con la realtà metropolitana e invece devo ammettere che è stata una bella sorpresa. Bangkok ha un che di familiare, mi sento a casa.
Comunque, bando alle ciance, devo fare un passo indietro e riprendere da dove eravamo rimasti. C’è un buco di alcuni giorni da colmare, da attribuire al fatto che, in quel tratto di Laos, era impossibile trovare un internet cafè. D’altra parte, considerato il fatto che 1. il cellulare ha smesso di ricevere più o meno nel momento in cui siamo salpati da Luang Prabang e 2. a Pak Beng, il paesino dove ci siamo fermati la prima notte, l’elettricità funzionava solo dalle 19 alle 22 (cosa che, tra l'altro, ti facevano passare quasi come un lusso)… beh, era facilmente prevedibile che avremmo avuto qualche problema di comunicazione col mondo esterno. La traversata è stata a dir poco fantastica, sicuramente una delle esperienze più intense della mia vita. Io e Cocò siamo stati in quasi totale silenzio per due giorni. Le attività comuni erano costituite dal mangiucchiare qualcosa insieme, passarci la bottiglia dell’acqua e fumare quietamente. Per il resto non facevamo altro che osservare il paesaggio e i laotiani che viaggiavano con noi (gli unici stranieri eravamo noi e due ragazze inglesi robbosissime, come direbbe la Meimei). Ogni tanto un pisolino. E poi silenzio. Vi dirò che è stato stupendo non aver mai avuto bisogno di parlare. Eravamo talmente entrati nella parte che la sera ci risultava difficile ricominciare a conversare normalmente.
Nella totalità delle 20 ore di navigazione abbiamo visto succedersi colline, montagne, villaggi, piccole spiagge. Tutto mentre sul fiume procedevamo da soli, con la nostra imbarcazione semivuota (i vantaggi della bassa stagione: pare che nei periodi di grande affluenza turistica la barca da 40 persone arrivi a caricarne anche un centinaio… ecco, forse in quel caso sarebbe stato il viaggio più brutto della mia vita). Qualche volta incontravamo una piccola barchetta con un pescatore o magari un’imbarcazione un po’ più grande che faceva da spola tra un villaggio e l’altro. Nessuna sosta intermedia era prevista: le nostre mete, Pak Beng la prima sera e Huay Xai la seconda, erano le ultime fermate della giornata. Per il resto, nel corso del viaggio erano contemplati solo rapidi avvicinamenti a delle spiaggette, il tempo di far scendere una, al massimo due persone, e di osservarle mentre venivano accolte da un gruppetto di bambini, scesi appositamente dal paese ad aspettare l’arrivo della barca.
E’ stata un’esperienza di una profondità difficilmente comunicabile: ogni momento aveva il suo significato. Non perché stessimo facendo qualcosa di particolare, semplicemente eravamo presenti e avevamo totale e piena coscienza di quegli istanti. Quando si fa un viaggio come questo ci si rende conto di quanta poca dignità viene normalmente attribuita al tempo.
Vorrei solo che tutta questa serenità mi restasse incollata per sempre.

23 giugno, 2008

Mme Chowkin nel paese delle meraviglie

Viaggiare per il Laos è qualcosa di incredibile. In assoluto uno dei posti più belli in cui sia stata in Asia. Sono stati giorni davvero intensissimi. La prima, rapida tappa è stata a Vientiane, la capitale, dove mi sono trovata con Sara e Filippo (che abbiamo scoperto chiamarsi Costante di secondo nome → da qui il suo nuovo soprannome “Cocò”). Dopo aver visitato i templi principali, aver gustato una cena piccantissima lungo il Mekong ed essermi fatta fregare 200 euro in hotel, ci siamo diretti in bus verso Vang Vieng, il paese dei fricchettoni. Un posto sperduto tra le montagne, con alcuni localini lungofiume e un piccolo centro pieno di bar dove trasmettono puntate di Friends da mattina a sera. La località è carina ma principalmente meta di turismo mooolto giovane e mooolto cannaiolo. Non a caso la bevanda locale per eccellenza è l’happy shake, definito così perché corretto con marijuana. Noi abbiamo preferito non sperimentare cose strane (giuro!) e ci siamo divorati una cena strepitosa da Nokeo, una locanda laotiana gestita da un signore troppo carino (i laotiani sono un popolo eccezionale, nella mia personale classifica asiatica sono secondi solo ai balinesi, NdM).
Dopo Vang Vieng altro autobus, altro viaggio di 6 ore, questa volta diretti verso Luang Prabang, finora il “pezzo forte” del viaggio in questo paese. Casette deliziose e vecchie ville elegantissime, ogni due metri un tempio buddista, tanti tanti monaci giovanissimi in giro per la città, una natura incredibile e un clima caldo ma non troppo umido… insomma un vero e proprio paradiso terrestre. Giri in bici, bagni alle cascate e visite ai templi sono state le attività principali di questi due giorni a Luang Prabang, Domani io e Cocò ci muoviamo verso la frontiera tailandese: due giorni di navigazione sul Mekong, con tappa intermedia a Pak Beng, un paesino sperduto dove non credo ci sia molto da fare e in cui dubito troverò un internet cafè. Mi dispiace molto lasciare Luang Prabang e salutare Sara, che torna a Shanghai. Sul blog è probabile scriva da Bangkok dove, se tutto va bene, dovrei arrivare il 26 pomeriggio.
E’ iniziata la mia “ultima” settimana asiatica...

19 giugno, 2008

Mme Chowkin in Phnom Penh

Ultimo giorno nella capitale cambogiana. Questo pomeriggio parto per Vientiane, dove mi vedrò con Filippo e Sara.
Che dire di questi giorni a Phnom Penh... beh, l'impatto è stato abbastanza forte. Ormai ho preso l'abitudine di esplorare le città girando un po' a caso, evitando espressamente i posti di interesse turistico, per vedere davvero come vive la gente. Così la prima passeggiata è stata un po' uno choc. Non mi aspettavo di trovare una situazione di degrado così grave. Il fatto è che Siem Reap lascia un’impressione falsata della Cambogia. Pur essendo una città molto povera resta comunque il principale centro turistico del paese e la differenza rispetto a Phnom Penh è netta.
La cartina di tornasole sono i bambini. La maggioranza di loro, a Siem Reap, gioca tutto il giorno ai margini della foresta, si arrampica sugli alberi o fa il bagno nel fossato che circonda l’Angkor Wat. Certo, alcuni vendono souvenir e guide turistiche, alcuni magari si fanno pagare dopo che gli hai scattato una foto. Ma a Phnom Penh i bambini che chiedono l’elemosina sono la regola. Così i mutilati. Insomma, il primo giorno specialmente, ho provato un grande senso di malessere. E anche di rabbia verso me stessa, per non sentirmi adeguata, in grado di tollerare scenari così desolanti. Le strade piene di spazzatura e di mendicanti che chiedono l’elemosina agli stessi cambogiani; nei mercati banchi di carne letteralmente assaliti dalle mosche; in troppi angoli della città un odore a dir poco bestiale… So già che, trattandosi di un sentimento intenso, in futuro la mia memoria troverà il modo di restituirmelo come un ricordo positivo. Andrà a mescolarlo con altre cose, il Wat Phnom, il Palazzo reale, il lungo fiume, i molti edifici coloniali che restituiscono un’immagine comunque pregevole della città.
Pro e contro dell’essere da sola: la possibilità di potermi guardare davvero intorno, di non perdere nemmeno il minimo dettaglio, di fermarmi a pensare a tutto quello che mi si presenta di fronte qui è controbilanciata da un sentimento di profonda tristezza.

15 giugno, 2008

Mme Chowkin ad Angkor Wat


Meraviglioso!! Oggi sono stata ad Angkor Wat (di nuovo in tuc-tuc per la pioggia) ed è stata un'esperienza stupenda. Il brutto tempo deve aver scoraggiato un po' turisti, quindi il sito era visitabilissimo. Che dire, si respirava un'aria di pace incredibile. Il tempio è già di suo qualcosa di pazzesco. Essendo uno spazio enorme e dispersivo, in diversi punti mi è capitato di trovarmi da sola. Domani, se smette di piovere, ci vado sul serio in bicicletta. La strada è stupenda perchè attraversa per 8 km la foresta. Non è esageratamente trafficata ma comunque ci sono diversi turisti in bicicletta che fanno lo stesso percorso. E poi è disseminata di bancarelle di frutta (tipo cocomerari, per capirci). Ogni tanto, tra gli alberi, spuntano dei bambini che giocano. I bambini cambogiani, a proposito, sono diventati il mio soggetto preferito da fotografare. Hanno un'espressività sconcertante. Passano con una velocità incredibile da uno sguardo serio serio a una risata disarmante. Forse è l'intensità del nero degli occhi a far sembrare così profonde le loro espressioni. Guardate solo la foto qui sopra.

14 giugno, 2008

Mme Chowkin e il monsone maledetto

Sta diluviando... che palleeee. Non so se essere incazzata o no. D'altra parte, appena spunta un raggio di sole, l'afa diventa insopportabile, quindi, dopotutto, se piove almeno la temperatura resta tollerabile. Peccato per le foto. Comunque questa mattina sono uscita abbastanza presto con il mio tuc-tuc driver e così ho già potuto visitare buona parte del sito archeologico. Spettacolo incantevole, decine e decine di templi immersi nella giungla. Scimmiette che saltellano tra le rovine, qualche monaco buddista che si confonde tra i turisti, gli echi di qualche cerimonia religiosa (non potete capire quanto mi veniva in mente Indiana Jones e il tempio maledetto, però lì erano shivaiti mi sa...). Devo ancora andare a vedere l'Angkor Wat, ma credo prenderò una bicicletta domani, sperando in un clima più clemente. Ci sono 8 Km da siem reap ad angkor wat... ce la farò mai? Btw, di tutti i templi visti finora, il Ta Prohm è l'edificio più incredibile di tutti, praticamente inghiottito dalla natura circostante. Mi fa ridere che tutti i tipi che incontro per strada non mancano di informarmi che Angelina Jolie è stata proprio in quel tempio o, in alternativa, che è stato girato qui (non so quale) Tomb Raider. Insomma, le notizie pregnanti sulla storia recente della Cambogia. Beh, meno male che in questo ricorrere di citazioni importanti c'è il Gian che mi tira fuori il finale di In the mood for love... :-)

12 giugno, 2008

Mme Chowkin in Hanoi

Ho una gran voglia di andare a letto e guardarmi un film, questa sera. Ma domani nel primo pomeriggio ho già l'aereo per Siem Reap e volevo raccontarvi un po' di questi due giorni ad Hanoi. Prime sensazioni: disorientamento totale. Sarà stato per il caldo o per le pochissime ore di sonno dormite le notti precedenti la partenza, di fatto ho passato la prima giornata ad aggirarmi per le vie del centro, senza riuscire bene a capire dove fossi. Non che la cosa mi abbia preoccupata troppo. Un po' per le ragioni sopracitate ma in parte perchè, muovendomi per l'Asia, ho sicuramente imparato a viaggiare in modo diverso. Ho capito che, quando si arriva in una città asiatica, è importante non crearsi troppe aspettative. Salvo rare eccezioni, il fascino non è quasi mai rappresentato dalle bellezze architettoniche ma è un qualcosa che si svela poco per volta, camminando per le strade e osservando le persone. Così ieri sono andata a dormire prestissimo. E oggi me la sono proprio goduta. Il centro di Hanoi è puro caos. Mi lamentavo del traffico di Shanghai ma qui il principio-guida della circolazione stradale è chiaramente ispirato alla follia pura. Migliaia di motorini, tuc-tuc, biciclette che si infilano ovunque. Un'orda di insetti paragonabile, come intensità, alle zanzare casalesi in una serata di metà luglio.
Accanto al casino del traffico va aggiunto poi quello della toponomastica. Ieri ero indubbiamente rincoglionita ma anche oggi, nel pieno delle mie facoltà mentali, non ho fatto altro che perdermi. Il problema di fondo è che ogni via cambia nome ad ogni incrocio. Se ci si aggiunge che non sempre sono presenti i cartelli stradali... insomma non ho mai faticato così tanto ad orientarmi in un posto, sebbene munita di ben due cartine. Domani la risolvo così: devo fare un po' di foto, quindi mi perdo volontariamente.

Ultimo appunto, dopodichè vi mollo perchè non ho più voglia di stare al computer: un 10 e lode alla cucina vietnamita. Non ho ancora assaggiato una cosa cattiva. E' tutto squisito. Io che non ne posso più dei sapori asiatici. Questa mattina la prima missione della giornata è stata andare in un mercato locale a comprare della carta di riso sottilissima che usano nel Nord del Vietnam. Questo perchè devo assolutamente provare a rifare i fantastici involtini di pesce che ho mangiato ieri sera al Little Hanoi. Non i classici involtini fritti. Si tratta di una specialità del posto: in un piatto ti servono del pesce o della carne, in un altro piatto varie verdure, frutti ed erbe aromatiche (in realtà credo ci si possa mettere tutto quello che salta in mente). Accanto a questa marea di cosine portano infine un piatto con dei fogli di carta di riso "crudi", nei quali il commensale deve mettere il ripieno per crearsi da solo il proprio involtino. Ero un po' scettica. E invece è stata una rivelazione. Favolosi! Ho già promesso alla Meimei di prepararle una cena vietnamita appena torno!

11 giugno, 2008

Les aventures de Mme Chowkin

Eccomi ad Hanoi. Esausta. E con una nuova identità, regalatami senza ragione apparente dalla P.R.C. appena prima del commiato. Già, perchè ieri, al momento del check-in all'aeroporto di Hangzhou, mi viene consegnato un biglietto con il seguente nome: Miss Laura Chowkin. Dopo un primo momento di disappunto, considerato che sul passaporto italiano risulto ancora essere L. F., mi appresto comunque a passare i controlli di sicurezza. Nessuno fa una piega, così decido di prenderlo come un segno del destino. Forse Breszny potrebbe spiegarmi con dovizia di particolari il significato. Io mi limito ad interpretarlo come un ammonimento. Nel prossimo mese sarò sempre in viaggio. E siccome esplorare nuovi posti comporta sempre una sperimentazione dell'alterità ho deciso che la "consegna" di un nuovo cognome va in questa direzione.
Dopotutto sono abituata a vivere all'insegna del cambiamento. Dal 2000 ad oggi ho abitato in 7 città diverse. A volte penso che abbozzare principi di vita e non avere la costanza di approfondirne nessuno nasconda un risvolto patologico. Eppure non riesco proprio a non essere così. La consapevolezza di avere raccolto tante esperienze, invece di invitarmi a ricercare un punto di equilibrio, mi spinge ancora di più all'esposizione. Questo viaggio è solo una parentesi, non mi aspetto grandi cambiamenti. Lo sento piuttosto come un'accelerazione della mia esperienza asiatica, prima di ritornare in occidente.
E' incominciato l'epilogo.

08 giugno, 2008

Il gatto e la tartaruga (e stavolta si spera nell'happy ending)

Ieri sera ha avuto luogo l'ultimo dinner party a casa nostra in occasione della mia partenza e dei compleanni di Stefano, Alice e Annika. La festa è venuta carina ma, non so perchè, non sono state fatte foto... probabilmente eravamo tutti troppo impegnati a sbevazzare e fare bagordi. Comunque, anche se ormai sul viale del tramonto, Maoming lu non ha mancato di regalarci grandi emozioni. Questa volta dobbiamo ringraziare due amiche di Ste, che hanno partorito la brillante idea di regalargli due tartarughine d'acqua. E lui, purtroppo, ha avuto l'ancor più brillante iniziativa di lasciarle a noi (solo per la notte di ieri, a sentirlo mentre si dileguava astutamente a fine serata). Certo, se avessi avuto otto anni probabilmente sarei stata felicissima. Ma il fatto è che, invecchiando, ho sviluppato un discreto senso di avversione per quasi tutti gli animali domestici. Salvo cani e gatti. E qui, non a caso, entra in scena lui: Mao. Dopo la mattanza che l'aveva visto protagonista indiscusso solo pochi mesi fa, servirgli altri due animaletti così, su un piatto d'argento, sarebbe stato da vere idiote. Pertanto le tartarughine sono state messe al sicuro in camera mia, lontane dalle zampe assassine del crudele felino. Il fatto è che ricordarsi di chiudere sempre la porta non è semplice. Già già. E per forza qualcosa deve essere successo. Perchè nell'acquario, ahimè, ora c'è solo più una tartaruga. Naturalmente, io e Annika, regine nello sdrammatizzare, ci siamo subito lanciate in una serie di gag divertentissime, tipo lei che dal nulla grida con voce angosciata: "Lauraaa" indicando ai miei piedi. O io che, con lei seduta sul divano a guardare un film, a tradimento le appoggio sul collo il dietro di un cucchiaio bagnato. Roba, questa, che nemmeno coi miei fratelli in età prescolare. Ma dietro l'ilarità si nasconde il terrore di trovare un altro cadavere innocente da qualche parte in casa. E ormai odo rumori di tartaruga ovunque.